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bBarca Varianta 65 - Team iulai

maggio 2011


Inizia una nuova sfida, riportare in attività una Dehler Varianta 65 del 1974.

Ecco la cronaca.
Un lunedì sera suona il mio telefono di casa: “Ciao Marzio, ti ricordi di me?”
“Certo che mi ricordo, ma dov’è finita la barca?”
“È in cantiere, ma vogliono troppi soldi e io sono stufo, conosco solo te che è in grado di fare questi lavori. La vuoi? Perché altrimenti la butto.”

Dopo 55 minuti nasce il team iulai per riportare allo splendore questa bella barca.
In ordine alfabetico:
  • Alessandro
    proprietario delle officine in cui si faranno i lavori, maestro di windsurf di Marzio, patente nautica conseguita insieme a lui
  • Marzio
    “direttore dei lavori” vista l’esperienza avuta due anni prima con la Cornetta, patente nautica entro i 12cm
  • Simone – il mentore
    skipper semi professionista quando non lavora e non va a pesca a mosca, patente nautica internazionale oltre le 12 miglia
Dietro il nome “iulai” c’è una lunga e datata storia, ma la raccontiamo solo ai fortunati, una volta a bordo. Solo ultimamente ho scoperto che iulai significa luglio in hawaiano, ma questo centra poco con la nostra storia.

Iniziamo con ordine: trasferire la Varianta in un luogo adatto ai lavori.
Pensavo al mio garage dove ho restaurato la Cornetta, ma non si può perché ora c’è parcheggiata la Lamanda (la fresaneve), quindi si sceglie il piazzale delle officine di Ale.

Fortunatamente, Enzo, ex proprietario della Varianta, ha un amico che ci può prestare per un po’ di tempo il rimorchio adatto.

Si parte


Dopo aver anestetizzato dodici pazienti che hanno subito una facoemulsificazione, scappo dalla sala operatoria, mi tuffo nell’outback e raggiungo Enzo che mi aspetta sul ciglio della strada. Raggiunto il rimorchio di 7 metri e mezzo, lo aggancio e ci dirigiamo verso il cantiere che ospita la Varianta.


Eccola! Cavoli! Non me la ricordavo così grande, forse perché è fuori dall’acqua.
Dopo aver fatto una retro da manuale, posiziono il rimorchio pronto per accogliere il natante ferito. Una mega gru con il suo mammutiano gancio si avvicina al piede d’albero mentre due energumeni pelosi in calzoncini, posizionano delle cinture sotto la chiglia della barca.
Rumori di scricchiolamenti vari, un suono elettromeccanico e la barca vola.
Urca! È sul rimorchio.
Porca di quella deriva diabetica, quanto è alto ‘sto convoglio! E devo fare 24,1km. Uh!
Beh, per finire è andato tutto bene e ci abbiamo messo un’ora esatta.

Ci fermiamo un attimo per controllare il carico e i tiranti, ma soprattutto per lasciar passare la colonna. Enzo che mi segue con l’altra Subaru, mi dice che è tutto ok.
I primi due chilometri sono passati, ma che stress! Non ho voglia di finire nella cronaca serale con i sottotitoli “barca si ribalta alla rotonda”. L’altezza totale da terra è di 2,9m e 800kg di barca che scivola incontrollata sulla strada finendo magari dentro una vetrina accanto ai turisti impegnati a scegliere le cartoline…


Siamo arrivati. Eccoli i due. Beati e tranquilli. Ale sulla sinistra aspettava l’evento e Enzo sulla destra il pedinatore controllore… che poi confessò di essere anch’egli stanco per la tensione. Io sto facendo la foto e non mi si vede.
In questa sotto, sì.


Simone oggi è in giro a spasso per il mare, ma domani arriva.

Esplorazione



L’intervento più grave da operare è la falla a dritta sullo specchio di poppa, causata da un fenomeno marinaresco domenicale che ha pensato bene di fermarsi col suo motoscafo addosso alla Varianta… no comment, di elementi del genere sul lago se ne trovano a tonnellate nei giorni di festa.

Inoltre dobbiamo costruire ex-novo il timone, perché il cugino del fenomeno di prima, lo ha rubato! Ci piacerebbe sapere a cosa gli serviva! Non abbiamo prove, ma è molto probabile che lo abbia usato per costruire la seggiola del grottino alle cantine sul lago. Avete in mente i buzzurri con la canottiera rossa e le zoccole che scendono dai motoscafi 8cv (così non serve la patente) già imbenzinati per recarsi dal soci per un bicchiere? Ecco, quelli! Zotici venditori di frattaglie al minuto. Sì, sono un classista anti ottusità mentale!

Torniamo ai lavori da fare.
Oltre a quanto descritto sopra, c’è da fare il risanamento dell’opera viva, rigenerare i pigmenti, lucidare l’interno e come esperienza insegna, scoprire piano piano altre incognite.


Pozzetto da riparare
Riverniciare la mobilia e cambiare la tapezzeria.


Ma prima di tutto, armare l’albero e controllarne la stabilità.


Oltre ai tre del team iulai, ci sono già altri supporter che offrono il loro contributo con la personale ATP. Fra tutti spicca Gabrio, che è già giunto in cantiere due volte, spinto dall’esperienza con la Cornetta.

Si comincia



Una bella idropulita è quello che ci vuole. La barca è stata ferma da almeno due anni, quindi la vegetazione ha preso piede. Però a noi adesso non serve perché dobbiamo arrivare al primo strato di vernice per valutare la presenza di osmosi.

Ma la deriva dov’è?
… c’è, ma è ben nascosta nella sua scassa. Uh! Ma non si muove!
Urca, la vegetazione se l’è presa a carico tenendola ben stretta. Otto millimetri di acciaio incrostato alloggiato fra altro acciaio, con una luce di 4mm per parte e non si muove. Solo con la forza di gravità deve scendere lascando la sua drizza. Invece no!
Idea! Un martello ci vuole. Piano piano, facendo leva distalmente al fulcro, la nostra deriva si sveglia. Una martellata sul dito. Due millimetri alla volta ed è esposta tutta. Yuppie! Anche questa è fatta.

Intanto di osmosi neanche l’ombra. Bene. Però l’antivegetativa è da togliere tutta.
Quindi si aprono le danze. Un tango argentino applicato nei diversi punti vendita di ferramenta, ci fa portare in cantiere circa 18kg di tela smeriglio e carta vetrata, sufficienti probabilmente a levigare anche il piroscafo a vapore Cincinnati del 1911 di 17’000 tonnellate.

Prolunghe, mascherine, occhiali, cappellini, acqua, guanti, tappi nelle orecchie, levigatrici a nastro, orbitali, perles, rumori da cassa di risonanza. Inizia così il festival della carteggiatura con suoni da far invidia.

La cronaca continuerà fra alcuni giorni. Ora devo carteggiare e preparare la strategia per il risanamento dell’opera viva dello scafo.


Alcuni giorni sono passati dall’ultima cronaca. Li abbiamo trascorsi prevalentemente a litigare con la meteo… ci rema contro! Uffa!
Purtroppo la Varianta non è a tetto, non che le barche temono l’acqua, ma sono le levigatrici che offrono in questi casi degli spunti folgoranti sugli utenti. Ogni buco azzurro nel cielo chiama al cantiere, quasi come quando il fiocco chiama all’orza.

Fra una carteggiata e l’altra, l’antivegetativa vecchia ci sta abbandonando per lasciare posto alla resina epossidica che non abbiamo ancora comprato.

Ma adesso lo frego io il gestore delle piogge!
Smonto tutto l’arredamento, tanto è da fare prima o poi. La mobilieria la posso fare nel cantiere della Cornetta anche se piove. Tiè!

Ecco come appare ora la Varianta sotto coperta.

Alla prossima! Uh! Devo andare a comprare la resina!


La resina


Non ricordavo il piacere nel lavorare con la resina epossidica a due componenti. Un rapporto a 5:1 e hai a disposizione inizialmente una vernice, in grado di rendere la superficie ricevente a prova d’acqua. Se vuoi chiudere qualche pertugio ci aggiungi la stessa quantità di volume ottenuto, le microsfere. Se invece la fenditura si trova in collina, fai vincere la forza di gravità allo stucco, aggiungendo anche la silice colloidale, ottenendo così un prodotto che assomiglia a ricotta con le qualità di un Gekkoniade, rimanendo aggrappato in verticale. Bello! La silice in realtà ha copiato le 14’000 setole/mm2 presenti sulle zampine dei geko, ma il bello è che non camminano.
Un’altra peculiarità, è che se ti serve della colla, te la vai a comprare. Oppure aggiungi alla resina, le microfibre vegetali. Ora non è più ricotta, ma ricruda semitrasparente in grado di incollare perfettamente il tuo pezzo contro il suo. Il risultato è una fusione, non ci si accorge che una volta erano due pezzi distinti. Un po’ come fanno con gli enzimi e la carne, compri una bistecca, ma in realtà a volte sono tanti scarti fusi insieme…

Risanascafo


Eccoci. Lo scafo è ruvido come i talloni di un pastore berbero, la resina è lì che mi guarda, non mi resta che iniziare con l’impresa del soffocamento dell’opera viva… che poi sale e diventa morta. In pratica rendere ultra impermeabile e rendere impossibile l’osmosi.


Non male. In un’ora tutto fatto. E la catalisi già iniziata nel punto di partenza. Non resta che attendere che Ale dipinga il resto dello scafo, per iniziare con la messa in posa dell’antivegetativa.

Tappafalle


Ci siamo! Adesso è finita la libera uscita! Hai le ore contate, fra poco potrai vantare una corazza a prova di speronamento. Il prossimo fenomeno che si fermerà contro il nostro specchio di poppa, dovrà fare i conti con la catalisi della resina. Gli disgiungeremo noi il musone.

Ora però apriamoci un varco fino ad incontrare la vetroresina sana, non più sfilacciata.


Uh! La superficie fallica… aumenta sempre di più, ma è importante cercare uno strato in buone condizioni dove ancorarsi con il nuovo tessuto in fibra di vetro.


Strato dopo strato e lasciando scorrere le giornate di indurimento, ci siamo. La base per accogliere lo stucco antigravitazionale è pronta. Due giorni dopo tutto è finito, non ci si accorge più del funereo manufatto prodotto dal fenomeno domenicale. Tiè!


Stesso trattamento alla screpolatura del pozzetto. Qui abbiamo creato un foro circolare per lo scarico delle forze: è sempre meglio evitare gli angoli. Sorpresa! Lo strato interno di compensato marino è purtroppo marcito; evacuare tutto il marciume è praticamente impossibile. Non ci resta che sigillare il tutto e rinforzare la tolda con un nuovo strato di compensato resinato.

Piove ancora!


Che palle!

Ciò che vedete sotto, fa parte dello strumentario utilizzato durante la cerimonia per un’invocazione al gestore delle piogge.

Non vedo l'ora di dipingere!



… sono quattro giorni che Ale mi ripete la poesia. Dopo aver procurato lo smalto poliuretanico a due componenti, esprimendo imprecazioni al gestore delle piogge, sfogando la propria ira carteggiando la coperta, asfissiando con nastro adesivo da carrozziere le ferramenta rimaste in loco, e azionando l’idropulitrice sottocoperta, arriva il gran giorno! Yuppie!


L’aveva detto, e l’ha fatto: in due ore la vernicio tutta!

Mobilieria, timoneria e motoreria


Si carteggia e si aggiusta. Non ci sono foto della mobilieria (si legge con l’accento sull’ultima “i”) perché ve la mostrerò in tutto il suo splendore, quando sarà posata e le posate nei cassetti.

Nel cantiere della Cornetta oggi è giunto anche il compensato marino in Iroko per costruire il nuovo timone. Trasporto a bordo della Panda, cappelliera adagiata sul fondo, sedili posteriori orizzontalizzati, e posizionamento in costa, hanno permesso a Simone di guidare appoggiando il gomito destro allo spigolo del compensato; tra l’altro frenato anche dalla leva del cambio.
Per fortuna Simone ha degli agganci falegnameristici non indifferenti che ci hanno permesso di trovare del buon materiale.

Il timone è stato creato in cinque strati di 12-4-25-4-12 mm nella parte superiore dove si innesta la barra. Mentre la pala è di 4-25-4 mm.
Incollato a regola d’arte utilizzando il sistema SP106 con l’aggiunta delle microfibre.


Il tutto reso impermeabile grazie alla completa resinatura. Il prodotto finito, mostrerà gli strati resinati, mentre le superfici governanti saranno verniciate seguendo i colori dello scafo.

Una volta posizionati gli augugliotti, e ricostruito la barra in alluminio ed inox, abbiamo messo in sede il timone per valutare la massima rotazione. Importante per prevedere le doti di frenata della barca mettendosi in cappa!

Il nostro skipper referente, referta il preavviso favorevole.


Abbiamo rifatto anche il supporto del motore con la stessa procedura. Nella foto sotto vediamo all’opera il maestro da cui ho potuto imparare tutta l’arte manuale.

Ul mutuur.

Ma ci serve proprio un motore? Tanto lo abbiamo già in dotazione, quindi ne approfittiamo.
Sabato mattina. Piove. Che strapalle! Con tutto il lavoro che c’è ancora da fare prima dell’alaggio, una meteo così non ci voleva. Fa niente. Dai che controlliamo il motore! Sìììì!
Piazziamo il nostro vecchio Yamaha due tempi da 8 CV dentro la vasca, dopo aver tolto l’elica, e tentiamo di accenderlo. Per fortuna ha l’avviamento elettrico.
Dopo aver scoperto che la presa che collega il serbatoio al motore è inceppata e che quindi di benza non ne arriva, pratichiamo un bypass e… Wrumm wrumm!

Una fumana immane degna del più potente generatore di fumo di Hollywood, si libera attorno allo scopiettante 8CV. In men che non si dica, i seimila metri cubi dell’officina si saturano di fumo oleoso che neanche i fendinebbia allo xenon riescono a trapassare. Si corre ad accendere i ventilatori e si spegne il motore.

Wow! Che figata! Funziona! Sì, ma se sul lago si comporta così, ci arrestano!
Tra l’altro sembra che il raffreddamento non funzioni bene, non piscia acqua e quindi si rischia di fondere il bicilindrico.
Smontiamo e… ma dov’è il resto della girante? Briciole di gomma ci suggeriscono che dobbiamo sostituirla e guarda un po’, scopriamo anche che la flangia dell’albero dell’elica è rotta…
Marco, il nostro ingeniere tramite la sua CNC, ci ricostruisce la flangia (vedi foto sotto). Una volta che rimontiamo il tutto, valuteremo nuovamente il propulsore.

Niente da fare. È troppo inquinante questo due tempi, e va contro il nostro credo ecologico. Optiamo quindi per un nuovo acquisto e di minor potenza, quanto basta per riportare il nostro scafo dislocante alla boa attraverso le tempeste che ogni tanto si scatenano. Tempeste da non sottovalutare.

Verniciame


Maschera al carbone attivo contro i fumi verniciareschi, guanti latex free perché non si sa mai, grembuilini vari e occhiali SUVA. Questa è la tenuta da indossare anche se la canicola sta arrivando. Se si vuole si può indossare le cuffiette del MP3 così se arriva qualcuno, puoi far finta di non sentirlo e in questo modo non perdi tempo.
Per finire, l’opera morta ha ricevuto tre mani di bianco poliuretanico bicomponente. Qui sotto si nota il fondo per l’antivegetativa.

Finitoooo! Di dipingere fuori! Manca l’interno però!…
Come si può notare l’antivegetativa è al suo posto e pronta a respingere la flora e la martina del lago.
Lo specchio di poppa s’è truccato con il blu sky anch’esso poliuretanico bicomponente. Con il blu abbiamo coperto anche altri inserti.

Domenica pomeriggio. Un caldo della martina di prima, non vola una mosca, non c’è un filo di vento, l’asfalto comincia ad ammorbidirsi, all’orizzonte si vedono quasi i fuochi fatui: l’estate è scoppiata. Anch’io scoppio in un atto inconsulto e mi calo sotto coperta a dipingere…
Un litro di bianco e 5 ml di blu, entrambi di monocomponente sintetico, regalano un azzurro pastello che si sposa bene con la moquette blu che Alessandro in un impeto di ispirazione ha finalmente trovato.
Dopo un po’ di ore e un po’ di nausea, il risultato è buono.

Manca poco


…alla data dell’alaggio, ma ancora tanto, anzi, tantissimo da fare.
Tutta la ferramenta da risanare, costruire il pulpito di poppa e aggiustare quello di prua, controllare tutto l’armo vele comprese, rimontare tutto l’arredamento interno, pagliolo e tolda, impianto elettrico, e una marea di altre cose che ora non mi ricordo più. Perdono! Siamo quasi al limite della riserva, ma ci siamo imposti di raggiungere in tempo la data dell’alaggio e ho smesso di fare le foto, non ho tempo!

A momenti rimango incarcerato durante la posa dell’impianto elettrico. Per orientarsi, la mia testa sta spuntando dal gavone di tribordo del pozzetto, dove prenderanno posto i parabordi.

Ecco la tolda del pozzetto, nuova nuovissima, rifatta completamente. È iroko 10mm resinato e con il KiwiGrip, il più semplice prodotto antisdrucciolo, sembra yogurt, poi con un rullo a maglie larghe, crei le increspature.

Come promesso la mobilia in tutto il suo splendore. Levigata e resinata a specchio. Le tendine sono arancio perché è il colore complementare del blu.

Qui il mobiletto di babordo che accoglie il lavandino, mentre nel controlaterale c’è il fornello. Si nota anche il risparmio coperto del WC.

Qui le seconde due cuccette e l’osteriggio del gavone sotto il pozzetto. C’è ancora un po’ di disordine e mancano ancora i materassini delle cuccette, ma abbiate pietà e pazienza, quando verrete a bordo, sarà tutto ok.

Lo vedete il salvagente? Era vecchio, stanco e bucato. Ha ricevuto lo stesso trattamento verniciasco: un po’ di giallo e un po’ di rosso. La cima di sicurezza però è nuovissima!

Alaggio


Dopo due mesi e cinque giorni di lavoro, si ritorna in acqua!
Sono le 09.40 ci aspettano alle 10.00 alla gru.

Gabrio e il suo Briciolo Navara dopo una manovra da manuale, posa le ruote sulla strada cantonale e copre i 13,8km in 19 minuti…
L’Outback è stata esonerata al traino, ma sta dietro a raccogliere i vari stracci e striscie di nastro da carrozziere, rimasti dimenticati sul rimorchio nella fretta di partire.

Vista da questa prospettiva, la prua appare veramente imponente, ma è solo un’apparenza, in realtà l’animo è docile e pacato.

I possessori dei nuovi iTelefoni e Androidi a cui hanno installato la famosa applicazione ‘RadarTicino’ atta a condividere lo stato del traffico attuale, riconosceranno la schermata.

Altra manovra perfetta degna dei migliori caterpillar, posiziona la Varianta sotto gli artigli della gru.

Belle le cinghie gialle, quasi quasi le… Uh! Si alza! Che gioia assistere alla perfetta portanza creata dallo scafo dislocante con deriva basculante, portare in volo in pochi attimi le centinaia ore di lavoro spese per il restauro.

Alaggio terminato. Nessuno danno da volo…e galleggia! Non ho mai avuto dubbi su questo.
Ormeggiamola un attimo, solo il tempo di installare il motore per potersi spostare al pontile vicino per armare tutto il rig.

Svaccato sulla tuga contro ogni regola di bon-ton, osservo Ale sussurrare al motore. Sembra quasi che ammiri la fauna presente. Ad un certo punto si gira e dice: Marzio, ci sono i lucci o forse sono trote, vieni a vedere!
Già, perché io me ne intendo! Gli rispondo di spegnere il motore per non disturbarli, scendo sottocoperta a prendere il remo e ci avviciniamo al pontile in silenzio.

Alberata è alberata, la barca è barcata e la mucca svaccata. Manca solo il timone.

Guarda che bella. È mezzogiorno, scià che vémm, se no rivum piü alla boa.
Alle 14.30 ormeggiamo alla boa. Alle 17.00 tutti erano a casa, me compreso e mi accorgo di aver lasciato le chiavi sulla barca…

I giorni passano e i lavoretti per i dettagli continuano.
Per raggiungere la boa a volte si va a nuoto, altre con la canoa oppure con la Cornetta che è a 20m.

Ecco la Cornetta che fa pissipissi con la sorellona.

Questo è il primo ormeggio al piccolo pontile vicino, è da qui che partiranno le crociere con i fortunati ospiti del Team iulai.
Sullo sfondo si vede la Cornetta ormeggiata alla boa.

Non ci resta che attendere il collaudo per poter partire.

Il giorno del collaudo è arrivato.
Ecco la bBarca ormeggiata al pontile comunale in attesa dell'esperto collaudatore

A sinistra l'esperto che controlla il vano del serbatoio di benzina. Al centro Ale si ancora alla scotta della randa per l'agitazione. E io appoggiato al pontile cerco di rendere comprensibili le frasi di Ale destinate all'esperto.

Il collaudo è passato.
Le targhe sono state appiccicate.
Ora si può tranquillamente cazzeggiare per il lago tutto l'anno: Ale ha trovato la sua anima gemella...

Spero che questa cronaca vi abbia interessato e anche un po’ divertito con le mie tipiche marziate.
Alla fine del restauro siamo arrivati tutti stanchi ed esausti, ma felici.
Abbiamo ricevuto molti complimenti dai nostri vicini lacustri, e questo ci rende ancor più gioia.
Gli aneddoti che ci hanno accompagnato in questa avventura, ve li racconteremo di persona.

Buon vento anche a voi!

Per il Team iulai:
Marzio

… la prossima? Sarà una miscela fra un hydrofoil e una pilotina diesel.


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